NOVENA DEDICATA ALLA BEATA BENEDETTA BIANCHI PORRO

Il profilo della Beata Benedetta Bianchi Porro

8 agosto 1963 – 23 gennaio 1964

Il 23 gennaio prossimo ricorre la memoria della beata Benedetta Bianchi Porro. Giovane ragazza di Dovadola (Forlì), morta a Sirmione in giovane età, a causa di una rara malattia. Se all’inizio la sua infermità e poi il suo letto si sono dimostrati un “calvario”, alla fine si sono rivelati il “luogo teologico”, ossia il luogo dove Dio si è a lei presentato.

Ma andiamo con ordine. Benedetta nasce a Dovadola l’8 agosto 1936: seconda di sei figli. Ancora piccola viene colpita da poliomelite, la quale le lascia come conseguenza l’accorciamento della gamba destra. Eppure saprà vivere questa esperienza di infermità dandole una coloritura profonda: «Io so che attraverso la sofferenza il Signore mi conduce verso una strada meravigliosa»; «Io so che in fondo alla via, Gesù mi aspetta». Ma non illudiamoci, perché Benedetta giungerà a questo traguardo dopo un susseguirsi di fatiche e di lotte, di pianti e ribellioni, come bene emerge dai suoi Diari e dalle sue Lettere, autentico riflesso di una vita ascetica e mistica: scritti di una tale profondità che portò l’allora Cardinale di Bologna, Giacomo Biffi, a suggerire per Benedetta, di percorrere la strada per chiederne il riconoscimento di Dottore della Chiesa.

Ancora bambina lascerà Dovadola per trasferirsi a Sirmione sul Garda, dove già il padre lavorava presso lo stabilimento termale.

Nel 1957 subisce il primo di una lunga serie di interventi al capo. Di questi interventi e in particolare degli stati d’animo che vive, troviamo testimonianza nel Diario e ancor più nelle lettere grazie alle quali resta in contatto con gli amici. Scrive all’amica Maria Grazia, compagna universitaria: “alla fine di giugno mi sono operata d’urgenza: non ti spaventare, neurofibroma all’acustico…vorrei dirti come sono conciata, ma temo di non riuscirci. In occasione dell’operazione mi tagliarono i capelli a zero e ora la mia testa assomiglia molto a una spazzola per abiti; inoltre in seguito all’intervento, mi si è paralizzato il facciale di sinistra (per un errore del medico!) e così a fine settembre dovrò rientrare in clinica per rimettermi a posto la faccia. Ti confesso che a volte mi sento terribilmente depressa”. Un anno dopo, sempre all’amica Maria Grazia, scrive: “….io penso che cosa meravigliosa è la vita (anche nei suoi aspetti più terribili), e la mia anima è piena di gratitudine e amore verso Dio, per questo…Faccio la vita di sempre; pure a me sembra così completa! La vita in sé e per sé mi sembra un miracolo e vorrei poter innalzare sempre l’inno di lode a Chi me l’ha data”.

Intorno al 1960, conosce Nicoletta Padovani, anche lei studentessa universitaria, parte del movimento Gioventù Studentesca (GS) di Azione Cattolica, guidato allora da d. Luigi Giussani. Grazie a Nicoletta, Benedetta riuscirà a prendere consapevolezza della fede che già viveva ma alla quale ancora non sapeva dare volto e nome: “Cara Nicoletta, capisco che prima di tutto devo accettarmi così come sono, miserella e mediocre e impotente, affidandomi a Lui…”.

Nel 1963 la marcia inarrestabile del male ha ormai bloccato tutti i centri vitali, provocando cecità, perdita della mobilità degli arti, del senso del gusto, dell’olfatto. La sensibilità rimasta nella mano destra e un filo di voce fanno da ponte di comunicazione con il mondo esterno. Attraverso un alfabeto di segni e tocchi convenzionali – da studentessa universitaria li imparò da sola, quando, nel 1956, capì la sua malattia! -, Benedetta “legge” i messaggi degli amici e risponde servendosi ordinariamente della madre.

Il paradosso lo troviamo proprio al rientro da Lourdes, giugno 1963: “Eccomi a casa, meno stanca, ma con tanta nostalgia nel cuore… dalla città della Madonna si ritorna nuovamente capaci di lottare, con più dolcezza, pazienza e serenità. Ed io mi sono accorta, più che mai, della ricchezza del mio stato, e non desidero altro che conservarlo. È stato questo per me il miracolo di Lourdes, quest’anno”. Ormai il tempo si fa breve e anche dalle lettere degli ultimi mesi s’intuisce che sente ormai vicino “l’Incontro”: “Faccio fatica, e il tendermi una mano, anche per un attimo, mi rimette in marcia. Nella nostra marcia verso il Cielo. La nostra vera Patria”; “Mi pare di perdere la memoria, forse si avvicinerà la mia festa”; Il 20 gennaio 1964, chiede di ricevere la S. Comunione e l’Unzione degli infermi dal suo parroco, e il 23 gennaio muore, rivolgendo a Dio un’ultima parola: “Grazie”.

È stata proclamata beata il 14 settembre del 2019 a Forlì.

Sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta!

1° giorno

Benedetta: una santa, non un santino!

In questa prima tappa, dopo aver tratteggiato il profilo di Benedetta, vorrei ripartire da alcuni suoi testi che ci testimoniano che Benedetta non è un santino! Non è nata santa! Ha vissuto la sua vita, studiando, iscrivendosi a una Università e poi cambiandola…soffrendo, giocando, facendo scherzi…Qualcosa di straordinario? No, è stata una di noi…

 

Diario, 1949: “Stamattina ho messo per la prima volta il busto: che pianto! Mi stringe […]  non potrò mai avere le gambe uguali…Ma nella vita voglio essere come gli altri, forse di più vorrei poter diventare qualcosa di grande…

 

Diario, 1954: Mi sono iscritta a Ingegneria, come voleva papà. Ma la matematica non mi piaceva, i giorni passavano e io ero sempre più presa dal terrore, dall’angoscia di doverla studiare tutta la vita… Un sabato, giunta a casa, affrontai la cosa e decisi di cambiare […] Affrontai il nuovo studio con ardore, avevo sempre sognato di diventare medico! Voglio vivere e lottare e sacrificarmi per tutti gli uomini

 

Lettera nr 30: A Leonida, 6 marzo 1955: scherzo a Elettra…

…Elettra è sempre quella, l’altra sera è tornata a casa a mezzanotte e noi, però,   sapendo quale sparizione generale di roba avrebbe fatto per la fame, abbiamo caricato la sveglia cogliendola così sul fatto…poi le abbiamo messo un catino pieno d’acqua in bagno dietro la porta e lei, che va sempre dentro senza accendere la luce, è andata a caderci dentro! Che ridere…

 

In questo divenire…intanto lei cresceva e maturava. Vorrei concludere con una lettera che svela la sua maturità interiore, anche spirituale. Benedetta viveva sulle rive del lago di Garda, dove spesso il lago è in burrasca. Lei certamente ha visto i pescatori scappare dal lago, cercare di arrivare al porto…avrà visto vele spezzate…Benedetta da questa esperienza trova esempio e linguaggio per descrivere quanto stava vivendo nel suo cuore. Non dimentichiamo che la tempesta è simbolo del caos (Dio mise ordine al caos all’inizio della creazione); le onde sono il simbolo di chi si lascia portare/cullare (ma sono ambivalenti, a volte dolci a volte fanno paura); il mare è il simbolo della traversata della vita, dal porto della vita al porto della vita eterna; la barca è quindi il simbolo del viaggio della vita, all’interno della quale sei tranquillo.

Prima di lasciarvi alle parole di Benedetta e darvi appuntamento a domani alle ore 18.30, possiamo dire una cosa: Alla luce dei testi che abbiamo ascoltato, capiamo bene che possiamo accostarci a Benedetta senza sentirci a disagio di fronte alle nostre fatiche e fragilità, perché sono state le stesse fatiche e fragilità di Benedetta. E con lei, possiamo allora crescere passo dopo passo…

 

Lettera nr 16: Ad Anna Laura Conti, 1953“

Cara Anna, ho ricevuto le tue lettere: un incoraggiamento e le tue parole sono così  serene e calme placano le tempeste del mio animo. Anche io sono assettata di pace e desidero abbandonare le onde del mare per rifugiarmi nella quiete di un porto. Ma la mia barca è fragile, le mie vele sono squarciate dal fulmine, i remi spezzati; e la corrente mi trascina lontana.

 

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

2° giorno

la vita mi sembra un miracolo

Ieri ci siamo soffermati sulla sua vita ordinaria, perché non ci sfugga che quello che è diventata Benedetta ha un retroterra preciso, direi normale. Oggi siamo invitati a fare un passo in più: di fronte alla sua gamba più corta a causa della poliomelite, di una sordità che si fa sempre più sentire…Benedetta, inizia a guardare a san Francesco (non dimentichiamo che quando il santo ha scritto il Cantico delle Creature era già cieco)…ebbene, Benedetta con san Francesco impara a lodare Dio, anche quando la vita si fa dura. Il problema allora non è incontrare fatiche, lotte, difficoltà, fragilità…ma il reagire: puoi farlo lamentandoti, facendo la vittima, oppure…lodando Dio, perché comunque sai che Lui è con te, sulla barca della tua vita, seppur sballottata dalle onde del mare: Lui è con te. Sempre e comunque.

 

Lettera nr. 58, A Maria Grazia, 1958

Carissima,

Io penso: che cosa meravigliosa è la vita (anche nei suoi aspetti più terribili); come la mia anima è piena di gratitudine e amore verso Dio per questo!

 

Lettera nr. 75 A Maria Grazia, 1960

Carissima Maria Grazia,

…Quanto a me faccio la vita di sempre; pure a me sembra così c-o-m-p-l-eta! È però vero che la vita in sé e per sé mi sembra un miracolo con tutte le sue cose e vorrei poter innalzare sempre un inno di lode a Chi me l’ha data. Come vorrei farti capire quello che provo; conosci il «Cantico delle creature» di S. Francesco di Assisi? È semplicemente sublime. Eppure io non innalzo un inno di lode di nessun tipo. Certe volte penso se non sia io una di quelli a cui … «molto è stato dato e molto sarà chiesto!». Ma pace – se pace troverò – all’anima mia. Non voglio più a lungo angustiarti coi miei dubbi.

 

Sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta. Beata Benedetta, Prega per noi.

3° giorno

Primo pellegrinaggio a Lourdes

A Nicoletta Padovani, lettera 125, 1962

Benedetta continua il suo cammino di crescita anche davanti a Dio. Ma non vive la sua infermità e malattia in modo passivo. Reagisce. Cerca. E implora. Lo fa anche quando andrà a Lourdes la prima volta: non fa l’eroina contenta del suo soffrire ma, pur serena, va a chiedere alla Madonna il dono della guarigione, a tal punto da far voto e diventare suora se mai guarisse. Ma Dio non ha ascoltato quella preghiera innanzi alla grotta di Lourdes. È bello il testo che tra poco vi leggerò, perché mostra che se da una parte Benedetta sta crescendo spiritualmente – e molto -, dall’altro sente forte l’attaccamento alla vita e alla salute: Benedetta non accetterà mai la sofferenza per il gusto di accettarla, quasi a fare l’eroina di turno. Quando Benedetta accettare la sua condizione di vita, segnata da paralisi, cecità, sordità…lo farà perché scoprirà che Gesù è con lei, nel suo soffrire! È Gesù la causa della sua gioia, non il dolore! E se arriverà a dire di essere lieta di quanto vive, è perché ha scoperto che Gesù è con lei, vive in lei, vive con lei in quel suo soffrire! Neanche Gesù, in fondo, ha gioito del suo soffrire: nell’orto del Getzemani ha gridato al Padre la sua paura e il suo sentirsi solo; in croce ha gridato al Padre il suo sentirsi abbandonato. Capire questo, ci aiuterà a capire il nostro cammino, le nostre fatiche, le nostre…sapendo cercare dentro queste esperienze la presenza di Gesù, nostro Signore e Amico. Allora anche per noi…la santità non sarà mai un’esperienza impossibile, perché Benedetta ce ne sta svelando tutta la sua normalità.

 

Cara Nicoletta,

eccomi di ritorno dal viaggio. Lourdes è incantevole… La grotta è un posto pieno di verde e di pace, la Madonna molto bella e buona; lì vicino scorre il Gava e ci sono le piscine miracolose: io ho sofferto molto il freddo immergendomici, ma in fondo alle vasche c’era una statuetta della S. Vergine ad aiutarmi.

Lei mi fatto capire che «ci dobbiamo gloriare nella croce del Signore».

Sono andata a chiedere la guarigione…desidero guarire per farmi suora. Ho fatto voto.

4° giorno

 l’Università della vita  

Il tempo va avanti e il male avanza. Benedetta riallaccia rapporti di un tempo, si confida e si confronta, cercando sempre “amici” grazie ai quali crescere spiritualmente. Saranno proprio loro ad aiutarla a crescere alla Scuola del Vangelo, all’Università della vita. In questo, Benedetta ci offre un grande suggerimento, su quanto sia importante saper scegliere gli amici che ti aiutano a crescere davanti a Dio. Ancora una volta Benedetta attingerà dall’esperienza umana esempi e linguaggi per esprimere il suo vissuto interiore. Penso alla “spalla”, che nel corpo e sede della forza fisica e della confidenza (quante volte ci appoggiamo sulla spalla dell’altro) e che Benedetta, ormai non più in grado di farne uso, capisce che quella “spalla” per lei è Cristo; oppure la “cella”: noi la colleghiamo alla prigione, dove la gente viene reclusa per garantire sicurezza sul territorio, quindi “cella” come sicurezza; ma nella “cella” si ritirano i monaci, quale luogo di raccoglimento, silenzio, preghiera. Cella equivale anche a caverna, grotta…luoghi che richiamano tutti la necessità della “sicurezza”, del “riparo”. Perché…perché in fondo la “cella” nel linguaggio spirituale simbolico richiama l’utero materno, quale luogo di nascita e di protezione. Quindi “cella” come luogo dove l’anima si nasconde agli occhi del mondo per lasciarsi purificare da Dio. Certo, sono nozioni che s’imparano a Scuola, quando anche la stessa vita si fa scuola a chi è capace di ascoltarla…

Ecco cosa c’insegna Benedetta oggi: accogliere la vita come un dono. La vita non va creata, inventata…ma vissuta, sapendo farlo da credenti, domandosi: “Cosa mi stai dicendo Signore attraverso questa esperienza? E allora, come scrive Benedetta, tutto è segno per chi crede in Dio. Ascoltiamo…

 

A Madre Domenica, Lettera 156, 1963

 

Cara Madre Domenica.

Le mie giornate sono lunghe e faticose però con l’aiuto Divino riesco a riposarmi abbandonata sulle spalle di Cristo. Con Lui, mi pare di essere in una cella chiusa ma in cammino verso un porto dove la pace è sicura ed eterna.

 

A Nicoletta Padovani, nr 207, 1963

 

Cara Nicoletta

ti voglio tanto bene, come il primo giorno che ci parlammo, anche se non te l’ò mai detto, perché quel giorno, per uno strano presentimento, capii che tu mi avresti aiutata, non solo all’università, ma nell’altra Università: quella vera: quella di Dio. Non sentirti mai sola, Nicoletta. … Non temere, Nicoletta. Dio dà la ricompensa che ci meritiamo. Cosa importa la ricompensa dell’uomo? Lavoriamo. Lavoriamo per il Suo Regno.

 

 

 

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

5° giorno

il valore degli amici spirituali

Anche oggi ci soffermeremo su una lettera che evidenzia l’intensità spirituale che si è andata instaurando tra Benedetta e i suoi amici, tanto da poter parlare di “amicizia spirituale”.

Insisto su questo perché se Benedetta è diventata chi è diventata, certamente è grazie alla Grazia di Dio, ma anche attraverso il ruolo degli amici. Per noi è facile essere amici su cose quotidiane, direi frivole, su questioni “umane”, ma confidarsi e aiutarsi vicendevolmente a crescere ponendo al centro il vangelo, eh…qui è più difficile. Benedetta ha avuto la provvidenziale fortuna di incontrare amici capaci di sintonizzarsi questo terreno. Pur per strade diverse e ciascuno con diverse convinzioni, si aiutavano condividendo le loro esperienze di fede e cercando di divenire l’uno per l’altro norma e regola per distinguere il bene e il male: diciamo che Benedetta ha superato tutti! Ebbene, Benedetta ha incrociato nel cammino della sua vita gli amici di G.S., Gioventù Studentesca, allora ramo studentesco di Azione Cattolica, avendo come assistente d. Luigi Giussani. Gruppo al quale lei non ha mai partecipato, ma ne ha gustato i frutti tramite gli amici. Non si diventa dunque santi da soli, ma in compagnia, ecco il valore della Chiesa che si incontra e si esprime attraverso volti concreti di amici che ti aiutano a diventare ciò che sei.

Che questa testimonianza ci aiuti a crescere nell’amicizia spirituale.

 

A Francesca Romolotti, lettera 159, 1963

 

Cara Francis

Vorrei tanto saperti ringraziare della tua lettera che mi è giunta proprio quando mi sembrava di boccheggiare …Poi ho avuto la gioia di poter farmi trasmettere le tue parole, e mi è sembrato per un attimo di essere composta di vetro, e che tu scrivendomi vedessi dentro di me: nell’anima: ho sentito che l’aiuto di Dio, tramite tu, mi veniva incontro, e mi dava una gioia più grande di quanto tu possa riuscire immaginare. Te ne sono molto grata.

Nella tristezza della mia sordità e nella più buia delle mie solitudini ho cercato con la volontà di essere serena per fare fiorire il mio dolore, e cerco con volontà umile di riuscire ad essere, come Lui vuole; piccola piccola come mi sento sinceramente, quando riesco a vedere la Sua interminabile grandezza, nella notte buia dei miei faticosi giorni.

Così spengo la tentazione di desiderare il caldo del sole quando più grande nell’intimo lo sento, ed io Lo chiamo, quì accanto a me, come se il mio letto fosse una piccola Grotta, o una deserta cella, e Lui dovesse aiutarmi ad uscire ed a insegnarmi ad assolvere meglio il mio compito…Non sempre riesco farlo.

 

A Nicoletta Padovani, lettera nr. 165, 1963

 

Cara Nicoletta

grazie dei tuoi consigli preziosi. Però nella tua lettera avrei voluto sapere qualcosa di te. Ti so col Signore. Anche se ci troviamo nei più silenziosi deserti Dio, non ci lascia mai sole.Le mie giornate sono lunghe faticose, però ugualmente dolci e con la Luce di Dio.

Cerco, nel mio esilio, di non perdere la serenità: e mi ricordo gli urli degli apostoli quando Gesù camminava sulle acque. disse: Sono Io, non temete! – I ragazzi del G.S. mi hanno aiutata moltissimo, in particolare la Francis…

 

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

6° giorno

Le mie giornate dolci, perché Lui è con me

Il tempo ormai scorre. Siamo all’ultimo anno di vita della beata. Le lettere si fanno sempre più intense, profonde. Non necessitano di grandi introduzioni o spiegazioni, ma di cuori attenti e liberi. Una cosa merita segnalare: lei, ormai invalida e bisognosa di tutto, continua a interessarsi di tutti: non si ripiega in se stessa, sa di avere ricevuto un dono che chiede di essere condiviso. Il dono della speranza.

 

A Natalino, lettera 173, 1963

Caro Natalino

in «Epoca» è stata riportata una tua lettera, che la mamma mi ha trasmessa per mezzo delle mani. Sono sorda e cieca, perciò le cose, per me diventano abbastanza difficoltose.

Anch’io, come te, ho ventisette anni, e sono inferma da tempo. Un morbo mi ha atrofizzata, quando stavo per coronare i miei lunghi anni di studio: ero laureanda in medicina, a Milano.

Accusavo da tempo una sordità cui i medici stessi non credevano, all’inizio. E io andavo avanti così non creduta, e tuffata nei miei studi che amavo disperatamente. Avevo sedici anni quand’ero già iscritta all’Università. Poi il male mi ha completamente arrestata, quando avevo quasi terminato lo studio. Ero all’ultimo esame, e la mia quasi laurea mi ha servito solo per diagnosticare me stessa: perché, ancora, fino allora nessuno aveva capito di che si trattasse. Fino a tre mesi fa godevo ancora della vista: ora è notte.

Però nel mio Calvario non sono disperata. Io so, che in fondo alla via, Gesù mi aspetta. Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è Amore, Fedeltà, Gioia, Fortezza, fino alla consumazione dei secoli. Fra poco io non sarò più che un nome, ma il mio spirito vivrà, qui fra i miei, fra chi soffre, e non avrò neppure io sofferto invano. E tu, Natalino, non sentirti solo, mai. Procedi serenamente  lungo il cammino del tempo, e riceverai luce, verità, – la strada sulla quale esiste veramente la Giustizia, che non è quella degli uomini, ma la giustizia che Dio solo può dare. Le mie giornate non sono facili: sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio. Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui. Ciao, Natale, la vita è breve; passa velocemente. Tutto è una brevissima passerella, pericolosa per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui, per giungere in Patria. Ti abbraccio

Tua sorella in Cristo                                                                      Benedetta

 

 

 

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

 

7° giorno

 Da Lourdes, ricchezza del mio stato

In uno dei nostri primi appuntamenti, abbiamo incontrato Benedetta carica del desiderio di guarire, tanto da fare un voto alla Madonna di diventare suora, se mai fosse guarita. Oggi, dopo un anno da quel primo pellegrinaggio, Benedetta torna a casa miracolata. Ma non secondo il criterio umano, ma quello di Dio.

Anche qui, anche oggi, Benedetta c’invita a non fissare lo sguardo in lei: non è a lei che dobbiamo guardare, ma, con Lei, imparare a guardare a Lui, al Signore Gesù. Benedetta non brilla di luce propria, ma riflette la luce di Gesù, suo amico e suo sposo: più avanza, e più la luce di Cristo brilla attraverso la sua vita. Si è spogliata di tutto, per lasciarsi riempire dal Tutto, Gesù Suo Sposo; si è fatta piccola…ma Dio l’ha resa grande.

 

 

A Paola Vitali, lettera nr. 184, 1963

 

 

Cara Paola,

eccomi a casa, meno stanca, ma con tanta nostalgia nel cuore per quel meraviglioso viaggio di Lourdes. Dalla città della Madonna si ritorna nuovamente capaci di lottare, con più dolcezza, pazienza e serenità. Ed io mi sono accorta, più che mai, della ricchezza del mio stato, e non desidero altro che conservarlo. È stato questo per me il miracolo di Lourdes, quest’anno.

 

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

8° giorno

Ho sentito la voce dello Sposo

Amico, Sposo…ecco chi è Gesù per Benedetta. Ecco la ragione della sua gioia, la meta della sua vita: lei è protesa, da innamorata, verso lo Sposo che la “chiama” e che l’attende. Benedetta ci ricorda il senso della vita, un cammino verso il porto del Cielo. Se si ha chiaro questa Meta, si avrà chiaro lo stile da assumere lungo il cammino della vita.

 

A padre Casolari, lettera 203, 1963

 

Reverendo Padre –

Perdoni, se mi permetto ancora, inviarle due righe, ma desideravo avere sue notizie, perché ascoltando le parole scritte da lei, mi pare, di rivivere ancora la calda luce ed il profumo di Lourdes. Come sta? La ringrazio ancora, se non l’ò fatto l’altra volta, della sua visita che fu inaspettata e gradita.

Io, in questi ultimissimi giorni, sono peggiorata di salute. Spero perciò che la «Chiamata» non si faccia troppo attendere! La mente, grazie al Signore, è ancora lucida, ma sono tanto stanca. Sono molto stanca, padre, quasi da non sentire più parole neppure in bocca, ma mi sento spiritualmente ancora in piedi nell’attesa di rispondere il «Presente» ad un Suo cenno. Le dirò, padre, che ho già sentito la Sua voce: la voce dello Sposo!. Sono lenta nelle preghiere e nei colloqui e mi offro ugualmente così con umiltà. Lui, che è in me, mi guiderà a Sua Volontà, fino in fondo. Dio benedica Lei don Gabriele, e tutti i ministri di buona volontà: ai fiacchi e ai laboriosi conceda giornate dense di fede. io, mentre domando a lei di benedirmi, prego, perché dal cielo scendano gli aiuti necessari per arrivare bene fino in fondo.

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

 

9° giorno

Vivo in un nido…nell’attesa di Lui

Ormai mancano pochi giorni alla nascita al cielo di Benedetta. Tutto è quasi compiuto. E guardandosi indietro, Benedetta capisce che tutto è stato grazia, tutto è stato dono. Tutto è segno per chi ama Dio. E noi? Così come Benedetta ha detto alla Madre quando le ha sussurrato che tutti la ritenevano santa…Benedetta ha risposto: “Se lo dite e non lo credete, siete solo degli ipocriti. Se lo credete, poche chiacchere e imitatemi”. Sì, Imitiamo Benedetta, certi che benedetto è il cammino di chi cammina con Benedetta! Allora in marcia, verso il Cielo!

 

A Ettore e Rosa Billi, lettera 248, 1963

 

Carissimi

Volevo dirvi soprattutto che, nonostante il trascorrere del tempo e le mie burrasche, io vi voglio sempre tanto bene. Sono sempre lo stesso lì con voi, e vi sono infinitamente grata del bene che mi avete voluto tutti e tre…Quando la mamma torna da Dovadola voglio sempre sapere di voi: non vi ho mica dimenticato, neppure un pochino! Anzi – ora che abita in me il dolore, tutto, in me, si è purificato…dobbiamo essere allegri nel Signore. Dobbiamo essere sereni per tutto quello che Dio vuole da noi: per tutto quello che ci toglie e ci dona: perché toglie per dare: tutto è Grazia: anche il male. Io conduco una vita semplicissima: vivo in un nido: riposo nell’attesa di un riposo più completo. Prego. E non mi mancano i minuti di gioia lo stesso…Il Signore vi conservi ancora a lungo. Siate sereni. Se non ci vedremo su questa terra, non importa. Arrivederci un giorno, in Cielo. Là aspettatemi, io vi aspetto.

 

A domani…e sia benedetto il cammino di chi cammina con Benedetta.

 

 

 

Grazie Benedetta!